IL PONTE MORANDI DI GENOVA E IL REATO DI CUI ALL’ART. 432 C.P. ATTENTATO ALLA SICUREZZA DEI TRASPORTI.

IL PONTE MORANDI DI GENOVA E IL REATO DI CUI ALL’ART. 432 C.P. ATTENTATO ALLA SICUREZZA DEI TRASPORTI.

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IL PONTE MORANDI DI GENOVA E IL REATO DI CUI ALL’ART. 432 C.P. ATTENTATO ALLA SICUREZZA DEI TRASPORTI.

Le recenti cronache hanno richiamato, tra gli altri, l'ipotesi che ricorra in capo ai responsabili, il reato di Attentato alla Sicurezza dei Trasporti, ex art. 432 C.P., per il crollo del Ponte Morandi, avvenuto nel Comune di Genova.

Quali sono gli elementi soggettivi ed oggettivi che costituiscono  il reato e quale l’applicabilità ai casi concreti secondo la giurisprudenza corrente.

Il delitto di attentato alla sicurezza dei trasporti (art. 432, comma primo, cod. pen.) è reato comune, a forma libera, che può essere integrato da qualsiasi comportamento idoneo a determinare un evento di pericolo concreto e non necessariamente un danno materiale, la cui valutazione deve essere riferita alle circostanze del caso concreto e non effettuata in astratto in relazione a situazioni predeterminate.

Per tale motivo la casistica è assai ampia e arriva a raggruppare sia l’ipotesi di dipendenti pubblici che adottano procedure di partenza ritenute pericolose (Controllori del Traffico Aereo per esempio che adottino slots ravvicinati) che in caso di lanci di corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento destinati a trasporto pubblico, o anche si ravviserebbe il reato in capo a chi chiude i rubinetti di conduzione dell'aria compressa che alimenta l'apparato frenante delle carrozze di un treno, obbligando in tal modo i macchinisti ad azionare il freno d'emergenza, atteso che tali condotte determinano situazioni gravemente e concretamente pregiudizievoli per la sicurezza dei mezzi di trasporto, siano essi aerei, treni o comunque mezzi pubblici.  (Cass. 5.1.2010, n. 49; Cass. 25.7.1990, n. 10560; Cass. 16.1.1985, n. 574; Cass. 16.7.1965, n. 949).

Ovviamente ogni caso deve essere approfonditamente vagliato dalla magistratura, perché ricorra una responsabilità penale in capo a chi l’ha commesso e si risolve in un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione immune da vizi logici e giuridici, sfugge al sindacato di legittimità. Il bene giuridico protetto va ravvisato nella pubblica incolumità e nel regolare e ordinato andamento dell'attività della pubblica amministrazione, oltre che in coloro che materialmente hanno patito i danni derivanti dalle condotte dolose.

E’ sufficiente il dolo generico (la prefigurazione dell’evento dannoso che potrebbe conseguire dalla condotta illecita) per l’esistenza del reato e il delitto si consuma nel momento in cui viene attuata la situazione di pericolo (Cass. 9.2.1968, n. 2533).

La pena prevista per il reato di cui all'art. 432 c.p. è la reclusione da uno a cinque anni; nell’ipotesi di cui al comma 2 del medesimo articolo, invece, la reclusione scende da tre mesi a due anni; reclusione da tre a dieci anni se dal fatto deriva un disastro. Il Tribunale competente è chiamato d’ufficio a giudicare di tale reato, in forma monocratica e/o collegiale dipendendo dalla sussistenza del primo, secondo o terzo comma della norma, ipotesi ultima che interesserebbe il caso di Genova.

Milano, 5 settembre 2018

Avv. Stefano Salvetti