Software e patti parasociali: tutela e proprietà dell’inventore

Responsabilità e Tutela del software: rimedi e strumenti giuridici: patti parasociali e proprietà dell'inventore.

Le leggi in materia (Direttiva 91/250/ CEE, Direttiva 2009/24/CE, Legge 22.04.1941 n. 633, come modificata dal D. Lgs.  29.12.1992, n. 518) e la recente giurisprudenza, in tema di tutela del software, hanno sancito il principio per cui i programmi per elaboratori sono tutelati tanto a livello comunitario, quanto a livello nazionale, dalla normativa sul diritto d'autore e a tal fine sono assimilati alle opere letterarie.

In particolare la normativa vigente riserva al titolare del diritto d'autore sul programma per elaboratori, il diritto di effettuare e autorizzare la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsivoglia forma, del programma per elaboratori, le operazioni che richiedono comunque una riproduzione del programma, la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica del programma, nonché qualsiasi forma di distribuzione dello stesso al pubblico.

Va osservato che oggetto di tutela per quanto ampiamente stabilito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea non sono né la funzionalità, né il linguaggio di programmazione né il formato di file dei dati utilizzati, ma qualsiasi forma di espressione di un programma, incluso il materiale preparatorio per la progettazione dello stesso, restando esclusi dalla tutela le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma.

Per meglio specificare, la Corte ha stabilito che non vi é lesione del diritto d'autore su un programma per elaboratori allorché il legittimo acquirente di una licenza non abbia avuto accesso al codice sorgente del programma ma si sia limitato a studiare, osservare e sperimentare tale programma per riprodurne la funzionalità in un secondo programma.

In altri termini, la creazione di un nuovo programma può dirsi lecita quando a ciò si giunga a seguito dell'osservazione e dello studio di un programma altrui, ma non invece allorché vi si giunga attraverso una decompilazione (intesa come l'attività che studia e analizza il programma con l'obiettivo di risalire dal codice oggetto al codice sorgente e quindi ai principi logico matematici che stanno alla base del programma stesso) del codice dell'oggetto stesso.

Di recente la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8011 del 1.3.2012, ha poi stabilito che un programma per elaboratore é tutelato dalla legge sul diritto d'autore non solo quando sia completamente nuovo, ma anche quando dia un apporto nuovo nel campo informatico, esprimendo soluzioni di problemi in modo migliore rispetto al passato, estendendo la tutela anche a modifiche autorizzate a programmi già presenti nel medesimo contesto.

D'altro canto, invece, il reato di abusiva duplicazione per elaboratore é configurabile anche nel caso in cui venga duplicata solo una parte del programma e comunque tutte le volte in cui un soggetto duplichi abusivamente gli originali di un programma di elaboratore, in dispregio dell'art. 171 – bis comma primo, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (in tal senso Cass. Pen. Sez. III, 13 febbraio 2014, n. 6988).

Il Legislatore ha scelto per il software come strumento giuridico di tutela il copyright rispetto al brevetto, poiché si richiede che il programma da tutelare sia dotato di "originalità", intendendo come tale la sussistenza di un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di estrinsecazione nel mondo esteriore; con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l'opera consista in idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia ( in tal senso anche la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 13 giugno 2014, n. 13524). Certo in tal modo la tutela del software é più lieve rispetto ad una brevettazione dello stesso, ma tant'é che la legge accorda alcuni strumenti a disposizione dei titoli dei software.

Per esempio, il legislatore e  la giurisprudenza hanno previsto lo strumento dell'inibitoria del diritto ad utilizzare il software e il sequestro dei programmi contraffatti nonché l'indubbio diritto del titolare del programma ad ottenere un risarcimento dei danni che si può quantificare, in via equitativa, in ragione del mancato guadagno che la parte altrimenti avrebbe ricavato dallo sfruttamento e dalla vendita del software.

Ma al fine di prevenire il ricorso a strumenti giuridici che le leggi in materia ed i Codici Civile e di Procedura Civile ci offrono per la tutela del diritto d'autore in tema di software, come si può previamente intervenire a tutela, riservando ad una seconda fase gli strumenti giuridici di cui sopra per la tutela delle ragioni del proprietario del programma e ciò nei confronti di coloro che proprio per aver contribuito direttamente o indirettamente alla creazione ed allo sviluppo del software potrebbero appropriarsi dei codici sorgenti e dare vita a prodotti nuovi anche magari più evoluti e performanti di quello copiato?

La soluzione più congrua deve passare attraverso la stipula di patti parasociali tra i soci e con i terzi a tutela del diritto d'autore.

La recente normativa si é ampiamente espressa in tema di patti parasociali, anche se con particolare riferimento alle Società per azioni, ma validi anche per le società a responsabilità limitata.

In che cosa consistono i patti parasociali?

Si tratta di accordi – di norma redatti, senza ricorrere ad alcuna pubblicità o ad atto pubblico e quindi ad un Notaio, ma anche semplicemente contenuti in scritture private – che vengono stipulati anche tra soci e terzi ogni qual volta l'oggetto dell'accordo riguardi l'esercizio da parte dei soci di diritti, facoltà o poteri loro spettanti nella società.

I patti parasociali hanno efficacia obbligatoria fra gli sottoscrittori; hanno dunque natura contrattuale e sono inopponibili nei confronti della società.

Si tratta in sostanza di accordi "atipici" tra i soci volti a disciplinare i rapporti interni fra essi stante la loro natura contrattuale e la conseguente efficacia limitata alle parti aderenti.

In generale i patti parasociali devono rispettare le norme imperative e non devono essere strumento di elusione delle norme o dei principi generali dell'ordinamento e sono legittimi ogni volta che sono destinati a realizzare un risultato pienamente consentito dall'ordinamento.

La giurisprudenza ha, poi, stabilito che la validità dei patti sociali é subordinata alla condizione che non risultino pregiudicati gli interessi della società o vincolata la volontà dell'assemblea dei soci.

I patti parasociali possono essere a tempo determinato o indeterminato, non ricorrendo per le srl gli obblighi della durata massima di cinque anni, come per le Spa e sono uno strumento flessibile che vincola i loro sottoscrittori ma non la società, a meno che questa partecipi espressamente al patto, assumendone gli obblighi con la regolare rappresentanza dei suoi organi nei limiti e nei loro poteri e nelle forme di legge.

Può capitare che i soci e comunque i sottoscrittori del patto non rispettino gli accordi in esso contenuti; le conseguenze di tale inadempimento sono indicate di regola nel patto stesso e possono essere, per esempio, il pagamento di una penale calcolata sui danni patiti dagli altri sottoscrittori a seguito della violazione del patto a norma dell'art. 1382 C.C. in modo tale da consentire la monetizzazione del danno derivante dall'inadempimento, oppure l'esclusione dal contratto societario, etc…

L'inadempimento del patto da parti di uno o più soggetti, poi, non ha alcuna conseguenza sulla validità degli atti compiuti dalla società.

Veniamo ora alla tutela del bene (software), quale patrimonio della società.

Si ritiene opportuno che la "certificazione" della proprietà del software in capo alla società non debba essere ricompresa in favore della stessa nei patti parasociali, ma debba essere oggetto di precisa scrittura privata, a latere, tra la società, i soci, l'amministratore ed eventualmente il soggetto che é titolare dell'opera creativa dell'ingegno e ciò al fine di ottenere con più semplicità la tutela in capo alla società stessa  nel momento in cui un socio o l'amministratore o un terzo dovessero duplicare o contraffare o impossessarsi per scopi diversi, da quelli della società, del software e/o dei codici sorgente da cui é stato tratto.

Dunque e per concludere, il parere prevede di sottoporre alla firma di tutti i soci della società e dell'amministratore / amministratori ed eventuali terzi, una scrittura privata contenente patti parasociali che prevedano il riconoscimento della titolarità del software in capo alla società, che prevedano divieti di utilizzo e di sfruttamento del/dei programma/i per fini diversi da quelli della società, e penali nel caso di violazione di tali patti da parte di uno o più sottoscrittori, sinanco l'espulsione dal comparto societario e/o dai patti parasociali.

In parallelo, riteniamo opportuno, al fine di tutelare la società di far sottoscrivere tra il legale rappresentante della stessa e i soci /gli amministratori una ulteriore scrittura privata che definisca reciproci obblighi e doveri, quanto alla proprietà del software e in caso di violazione del diritto d'autore del / dei software da parte di alcuni, la  previsione di voci risarcitorie, quali penali ex art. 1382 C.C. o altre sanzioni quali l'espulsione dalla società etc…

In tali casi, non vi é chi non veda che la compresenza di tali scritture private potrà non solo costituire un obbligo morale, ma anche contrattuale in capo ai sottoscrittori, al fine di garantire tutti e la società da eventuali violazioni, con la possibilità di giungere più facilmente ad azioni inibitorie dell'uso dei programmi o dei codici violati e a risarcimenti, già quantificati in sede contrattuale, senza dispersione di tempo e soldi nel quantificare i danni patiti.

Milano, lì 29 maggio 2015

Avv. Stefano Salvetti                                           Avv. Luigi Colantuoni